Consiglio di Stato Sez. VI sentenza n. 1541 del 19 marzo 2012

(3 massime)

(massima n. 1)

Anche a seguito della modifica dell'art. 10 del D.Lgs. n. 152/2006 (di cui al D.Lgs. n. 128/2010), volta a coordinare al massimo le procedure di V.I.A. e di A.I.A., resta ferma la loro diversità di funzione, in quanto orientate, la prima, alla verifica del progetto e, la seconda, alla verifica dell'attività riguardo a particolari impianti 'salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale'. Pertanto, l'esigenza di verifica soddisfatta con il rinnovato procedimento di V.I.A. non può essere soddisfatta nell'ambito dell'avviato procedimento per la A.I.A.

(massima n. 2)

Lo studio di impatto ambientale, disciplinato dagli artt. 5 e 22 del D.Lgs. n. 152/2006 nell'ambito della disciplina della V.I.A., deve avere un notevole grado di completezza e articolazione, in quanto integrante la fase progettuale definitiva e, soprattutto, perché volto ad individuare gli effetti ambientali del progetto, inclusi i possibili effetti cumulativi. Qualora il S.I.A. non presenti tali caratteristiche di completezza ed articolazione (in relazione, nella specie, alla insufficiente valutazione degli impatti cumulativi della discarica di rifiuti rispetto ad altre presenti nella zona) è legittimo, a fronte della mutata situazione di inquinamento della falda acquifera, l'avvio di un rinnovato procedimento di V.I.A., dovendosi tutelare da ogni pericolo il fondamentale e primario diritto alla salute che, in quanto tale, prevale nella ponderazione con gli altri interessi e non può essere affievolito per il solo trascorrere del tempo dall'adozione di inadeguati provvedimenti iniziali.

(massima n. 3)

Lo Studio di Impatto Ambientale (S.I.A.), da redigere ai fini del procedimento di V.I.A., deve contenere una prima valutazione concernente gli impatti che l'intervento preso in esame è idoneo ad arrecare sulle principali matrici ambientali, tenuto conto della definizione della funzione e dei contenuti del S.I.A. di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente) ed, in particolare, agli artt. 5 e 22 e allegato VII. Siffatto Studio deve integrare il progetto definitivo; contenere i dati sui "principali impatti sull'ambiente" provocati dalla realizzazione e gestione dell'impianto (nella specie una discarica), l'analisi degli "impatti negativi rilevanti" e le misure previste per il monitoraggio, descrivendo "le componenti dell'ambiente" su cui il progetto può avere un rilevante impatto e le relative conseguenze. È, dunque, palese che lo Studio deve avere un notevole grado di completezza e articolazione, in quanto integrante la fase progettuale definitiva e, soprattutto, perché finalizzato ad individuare gli effetti ambientali del progetto, inclusi i possibili effetti "cumulativi", mediante una "prima valutazione" degli effetti stessi che non può che spettare a chi propone l'opera, ne indica i contenuti e ne assume con ciò la conoscenza dei potenziali effetti ambientali, attivando una dialettica procedimentale nel cui ambito dovrà poi la competente Amministrazione assumere, a sua volta, la responsabilità di valutare quanto le è stato prospettato. (Nel caso di specie si è ritenuto corretta l'impugnata decisione di disporre la rinnovazione della procedura di V.I.A., dovendo il S.I.A. descrivere lo stato dei luoghi, nonché valutare tutti gli impatti cumulativi di tutte le attività ambientalmente rilevanti presenti nell'area di interesse, precedentemente non adeguatamente descritti)

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