Consiglio di Stato Sez. V sentenza n. 1933 del 25 marzo 2019

(2 massime)

(massima n. 1)

Il censimento e l'inserimento nell'elenco dei locali storici del Lazio ai sensi della L.R. n. 36 del 2001 spetta alla Regione e riguarda gli esercizi commerciali ed artigianali aperti al pubblico che hanno valore storico, artistico, ambientale e la cui attività costituisce testimonianza storica, culturale, tradizionale. Al contrario, la disciplina dei negozi storici è di livello essenzialmente comunale, in quanto riguarda esercizi commerciali del Comune di Roma e l'individuazione dei medesimi è di spettanza comunale, previo parere della Commissione per la Tutela delle Botteghe Storiche e riguarda le imprese artigianali che hanno svolto per più di cinquanta anni nello stesso locale, ovvero in uno analogo per posizione e significato storico-ambientale, un'attività di vendita al dettaglio inerente lo stesso genere merceologico, anche se con arredi di non particolare pregio. Ne consegue che locali storici e negozi storici costituiscono due species del medesimo genus (attività culturali), ai quali non si applica una medesima disciplina. La disciplina dei negozi storici è qualcosa di diverso da quella dei locali storici. Si tratta, infatti, di due nozioni riconducibili sicuramente alle "attività culturali", vale a dire attività che riguardano l'elaborazione e diffusione della cultura, ma non soggette al regime giuridico dei beni culturali, in quanto non comprese nelle previsioni di cui agli artt. 10 e 11 del D.Lgs. n. 42 del 2004. I locali storici, caratterizzati dal fatto che da lunga tradizione ivi si svolgono attività commerciali tipiche, non sono beni culturali anche perché il vincolo culturale in senso stretto non può riguardare l'attività culturale in sé e per sé, e cioè considerata separatamente dal bene; il valore culturale è infatti ravvisabile solamente nel collegamento del loro uso e della loro utilizzazione pregressi con accadimenti della storia, della civiltà. Di regola, neppure per i beni culturali in senso proprio è consentito il vincolo di mera destinazione d'uso, salvo che per gli studi d'artista (in ragione della specifica previsione dell'art. 51, comma 1, del D.Lgs. n. 42 del 2004), potendosi ritenere pertanto di dubbia legittimità anche il vincolo di destinazione merceologica per i negozi storici che sicuramente costituiscono un minus, sotto il profilo della tutela, rispetto ai beni culturali.

(massima n. 2)

La disciplina dei negozi storici è qualcosa di diverso da quella dei locali storici. Si tratta, infatti, di due nozioni riconducibili sicuramente alle "attività culturali", vale a dire attività che riguardano l'elaborazione e diffusione della cultura, ma non soggette al regime giuridico dei beni culturali, in quanto non comprese nelle previsioni di cui agli artt. 10 e 11 del D.Lgs. n. 42 del 2004. I locali storici, caratterizzati dal fatto che da lunga tradizione ivi si svolgono attività commerciali tipiche, non sono beni culturali anche perché il vincolo culturale in senso stretto non può riguardare l'attività culturale in sé e per sé, e cioè considerata separatamente dal bene; il valore culturale è infatti ravvisabile solamente nel collegamento del loro uso e della loro utilizzazione pregressi con accadimenti della storia, della civiltà. Di regola, neppure per i beni culturali in senso proprio è consentito il vincolo di mera destinazione d'uso, salvo che per gli studi d'artista (in ragione della specifica previsione dell'art. 51, comma 1, del D.Lgs. n. 42 del 2004), potendosi ritenere pertanto di dubbia legittimità anche il vincolo di destinazione merceologica per i negozi storici che sicuramente costituiscono un minus, sotto il profilo della tutela, rispetto ai beni culturali.

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