Cassazione civile Sez. I sentenza n. 10482 del 22 ottobre 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

Con riguardo al cosiddetto leasing finanziario, stabilire se il canone dovuto dal detentore del bene costituisca corrispettivo del godimento di questo per una durata prestabilita, di guisa che tale funzione di godimento viene a prevalere su quella dell'eventuale trasferimento alla scadenza del periodo suddetto (con la conseguenza che gli effetti della risoluzione del contratto, anche se per causa di fallimento, non si estendono retroattivamente, giusto il disposto dell'art. 1458, primo comma, seconda ipotesi, c.c., alle prestazioni già eseguite) o se partecipi della natura di corrispettivo del futuro trasferimento cui il contratto stesso è destinato, nel presupposto che, alla scadenza del periodo in esso fissato, il bene conservi un valore residuo particolarmente apprezzabile, notevolmente superiore al prezzo di opzione (e con la conseguenza che la regola della retroattività della risoluzione, sancita, in via generale dalla prima parte del citato art. 1458 c.c., si applica senza limitazione alcuna) implica una quaestio fatti il cui esame è compito precipuo del giudice del merito e deve essere condotto tenendo conto anzitutto dell'indice costituito dal raffronto tra valore residuo del bene alla scadenza e prezzo di opzione e poi di ogni altro elemento utile emergente dalle clausole dei singoli contratti, quali l'eventuale previsione della facoltà per l'utilizzazione di chiedere la proroga del rapporto sul presupposto dell'ulteriore utilizzabilità del bene o dell'obbligo a questi imposto di riconsegnare il bene in buono stato di manutenzione o di funzionamento, ovvero il rapporto tra durata del contratto e periodo di prevedibile obsolescenza tecnica ed economica del bene, il tipo di professione esercitata dall'utilizzatore, l'interesse che il medesimo ha inteso soddisfare con la stipulazione del leasing, il criterio di determinazione dei canoni, ed eventuali pattuizioni in deroga o in aggiunta alle condizioni generali di contratto.

(massima n. 2)

In caso di rivendicazione di una cosa detenuta dal fallito, ove il curatore faccia valere in via riconvenzionale un credito verso il proprietario, la restituzione della cosa riconosciuta di proprietà del rivendicante non può, in difetto di espressa previsione legale di un diritto di ritenzione, essere condizionata all'esecuzione dell'obbligazione oggetto della domanda riconvenzionale.

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