Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 21796 del 14 ottobre 2009

(2 massime)

(massima n. 1)

Il meccanismo inteso ad utilizzare la controversia individuale quale occasione per diradare, in termini generali e potenzialmente definitivi, ogni incertezza sull'interpretazione ed applicazione del contratto collettivo, comporta qualche sacrificio dell'interesse del singolo lavoratore dedotto nel giudizio individuale (la pausa di 120 giorni concessi all'ARAN ed alle organizzazioni sindacali per pervenire ad un accordo sulla clausola controversa; la previsione che, in difetto di accordo, il giudice si astenga, comunque, dal decidere nel merito la controversia; la ricorribilitā immediata per cassazione) e, pertanto, deve necessariamente essere contenuto in limiti compatibili con i principi di economia dell'attivitā giurisdizionale e di ragionevole ed equa durata del processo. Ne consegue che, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata ai sensi degli artt. 24 e 111 Cost. - che trova conforto nella previsione della ricorribilitā solo per cassazione delle sentenze interpretative e nel potere del giudice di primo grado di provvedere, con distinto provvedimento, all'ulteriore istruzione - si deve escludere che, attraverso i mezzi di impugnazione, possa recuperarsi detto procedimento speciale che resta esperibile solo nel giudizio di primo grado.

(massima n. 2)

Ove il giudice di primo grado, decidendo questioni concernenti l'efficacia, la validitā o l'interpretazione delle clausole dei contratti collettivi del pubblico impiego privatizzato, decida anche sul merito della domanda e la corte territoriale, limitatasi a rilevare l'appellabilitā, secondo la regola generale, della sentenza di "prime cure", non pronunci, per mancanza di una specifica censura al riguardo, in ordine all'eventuale invaliditā della sentenza impugnata per inosservanza del disposto dell'art. 64, comma 3, del D.Lgs. n. 165 del 2001, la mancata formulazione di tale doglianza non comporta la formazione del giudicato sulla questione interpretativa, atteso che l'inosservanza della citata disposizione, in difetto di specifica censura, viene in rilievo soltanto ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione.

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