Cassazione civile Sez. II ordinanza n. 20718 del 13 agosto 2018

(3 massime)

(massima n. 1)

Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che le doglianze dell'appellante principale sulla ritenuta violazione delle distanze dei balconi aggettanti fossero state superate dall'accoglimento, nel merito, dell'appello incidentale riguardante la distanza dell'intero fabbricato).

(massima n. 2)

L'interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata ed era compresa nel "thema decidendum", tale statuizione, ancorché erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione debba ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea. In tal caso, il dedotto errore del giudice non si configura come "error in procedendo", ma attiene al momento logico relativo all'accertamento in concreto della volontà della parte.

(massima n. 3)

In tema di ricorso per cassazione, l'omesso esame di una questione riguardante l'interpretazione del contratto, non costituendo "fatto decisivo" del giudizio, non è riconducibile al vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., atteso che rientrano in tale nozione gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi.

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