Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 28826 del 21 giugno 2018

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova per commissione di un reato, ai sensi dell'art. 168-quater, comma primo, n. 2, cod. pen., il giudice del sub-procedimento di messa alla prova non deve attendere il passaggio in giudicato della sentenza che definisca il procedimento relativo a detto reato, ma deve verificare che la sua commissione sia provata in termini di elevata probabilità, attraverso una delibazione della serietà dell'ipotesi accusatoria compiuta sulla scorta di una solida base cognitiva, avuto riguardo, qualora il nuovo fatto-reato costituisca ancora una semplice notitia criminis, alla documentazione allegata alla richiesta di revoca o prodotta dalle parti, agli elementi ed alle argomentazioni offerti nel corso dell'udienza ex art. 464-octies, cod. proc. pen. ed alle eventuali dichiarazioni rese dall'interessato; qualora, invece, nel giudizio di merito su detto reato siano intervenute decisioni - quali la sentenza di primo grado, il decreto dispositivo del giudizio o provvedimenti cautelari "irrevocabili" - il giudice non può prescindere da tali delibazioni compiute nell'autonomo procedimento nel contraddittorio delle parti.

(massima n. 2)

In tema di revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice è titolare di uno spazio di discrezionalità, limitato al solo apprezzamento dei presupposti di legge, che gli impone uno specifico onere di motivazione dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 464-octies cod. proc. pen., censurabile in sede di ricorso per cassazione. (In motivazione la Corte ha affermato che il giudice, una volta accertati i presupposti di una delle ipotesi di revoca previste dall'art. 168-quater cod. pen., non può compiere alcuna valutazione in ordine alla possibilità di proseguire comunque la prova).

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