Consiglio di Stato Sez. V sentenza n. 755 del 17 febbraio 2014

(5 massime)

(massima n. 1)

Nel contenzioso elettorale così come il ricorrente "principale" può impugnare il verbale di proclamazione degli eletti solo entro il termine perentorio stabilito dalla legge (e non entro un termine imprecisato, decorrente da quando venga a sapere che vi è un vizio degli atti), così anche il ricorrente "incidentale" (cioè il controinteressato) può impugnare - sotto altri profili - il verbale di proclamazione degli eletti solo entro il termine perentorio, fissato dalle leggi processuali per la proposizione del ricorso "incidentale".

(massima n. 2)

Nel contenzioso elettorale si possono contestare i risultati delle operazioni elettorali solo nel rispetto dei termini perentori previsti dalla legge - decorrenti, indipendentemente dalla conoscenza di elementi di fatto sopravvenuti (legittimanti eventualmente la proposizione di motivi aggiunti), dalla proclamazione degli eletti (trenta giorni per il ricorso principale), ovvero dalla notificazione del ricorso principale (quindici giorni per il ricorso incidentale) - specificando quali illegittimità siano state commesse.

(massima n. 3)

Il processo penale sui delitti contro la fede pubblica si caratterizza per il possibile esercizio di due distinte e autonome azioni, suscettibili di epiloghi differenziati: a) l'azione penale principale, volta all'accertamento della colpevolezza o meno dell'imputato rispetto alle ipotesi di reato ed eventualmente alla pronuncia di condanna; b) l'azione "accessoria e complementare" di cui all'art. 537 Cod. proc. pen., preordinata alla tutela della fede pubblica e destinata a concludersi con la declaratoria di falsità del documento, allorché, indipendentemente dall'esito dell'altra azione, la falsità stessa sia accertata dal giudice, con la precisazione che proprio la diversità tra le "due azioni suscettibili di epiloghi differenziati" induce a ritenere infondata la tesi per cui la declaratoria sul falso, ai sensi dell'art. 537 rilevi nei soli limiti di efficacia previsti dall'art. 654 dello stesso codice.

(massima n. 4)

Nel contenzioso elettorale sussiste l'equivalenza tra le statuizioni del giudice penale (su cui si è formato il giudicato di condanna) e quelle del giudice civile circa la commissione di un falso, nella specie, attinente ad autenticazione di sottoscrizioni relative a liste di candidati, dovendosi considerare che la rilevanza dell'atto pubblico non può essere "scindibile", e cioè rilevante verso alcuni consociati e non rispetto ad altri, in quanto così come i consociati confidano sulla natura fidefaciente dell'atto pubblico una volta posto in essere, così tutti i consociati non ne possono più beneficiare, quando all'esito del processo penale l'atto sia risultato falso, non essendo rimessi i suoi effetti alla disponibilità dei singoli.

(massima n. 5)

Nel caso di illegittima ammissione di una lista di candidati alle elezioni, al fine di una giusta composizione di due esigenze fondamentali per l'ordinamento, l'una inerente alla conservazione degli atti giuridici e della massima utilizzazione dei relativi effetti e l'altra afferente alla salvaguardia della volontà dell'elettore dall'influenza di eventuali cause perturbatrici, bisogna tenere conto della consistenza numerica dei voti espressi a favore delle liste illegittimamente ammesse; pertanto, se essa risulti tale da alterare in modo rilevante la posizione conseguita dalle liste legittimamente ammesse, va annullato integralmente il risultato delle elezioni ovvero nell'altro caso, piuttosto che annullarsi integralmente il risultato delle elezioni, e disporsi quindi la rinnovazione di esse, va esercitato il potere di correzione.

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