Consiglio di Stato Sez. Ad. Plen. sentenza n. 32 del 9 agosto 2012

(4 massime)

(massima n. 1)

In materia di procedura di dismissione di beni pubblici, l'applicazione dell'art. 23 bis L. Tar (ora art. 119 cod. proc. amm.), si riferisce non solo alle ampie operazioni di dismissione di beni pubblici ad uso residenziale, ma anche all'alienazione di singoli beni tramite cessione a titolo oneroso a società a responsabilità limitata di cartolarizzazione ed ai provvedimenti di qualificazione degli immobili come di pregio. Il rito abbreviato trova la sua ragion d'essere nell'esigenza che i giudizi in talune materie di particolare interesse, strategico o finanziario, dello Stato e della comunità vengano definiti con sollecitudine e con priorità rispetto al generalità delle controversie.

(massima n. 2)

In materia di processo amministrativo, non possono trovare applicazione i principi enunciati dalla Cassazione in materia di erronea scelta del rito da parte del Giudice, secondo la quale rileva il rito adottato da quest'ultimo che, a prescindere dalla sua esattezza, costituisce per la parte il criterio di riferimento, anche ai fini del computo dei termini previsti per le attività processuali. Ne consegue che al fine della verifica se una determinata controversia rientri nell'ambito di applicazione di un rito speciale o del rito ordinario, sono irrilevanti il comportamento processuale delle parti o del giudice trattandosi di evenienze che non escludono ex se la doverosa applicazione del rito (ordinario o speciale), effettivamente stabilito dalla legge.

(massima n. 3)

In materia di processo amministrativo, ove ricorrano un quadro normativo oscuro, o vi siano oscillazioni della giurisprudenza o della pubblica amministrazione, l'errore del giudice di primo grado può a sua volta essere giustificato da tali presupposti fattuali e pertanto essere considerato una concausa dell'errore della parte. Sul punto, il Giudice ha ritenuto che se in primo grado viene seguito il rito ordinario senza che nessuna delle parti, che anzi ne traggono vantaggio, né il giudice rilevino la necessità di seguire il rito speciale, e senza che vi siano altri indizi della necessità di seguire il rito speciale (qualificazione del ricorso nel registro dei ricorsi, misura del contributo unificato) si determina una situazione complessiva, oggettivamente e concretamente idonea a trarre in errore la parte. Sicché, la parte che, nel proporre appello, segue i termini del rito ordinario anziché quelli del rito speciale, incorre in un errore che può essere ritenuto scusabile.

(massima n. 4)

In sede di ricevibilità del ricorso di primo grado, la tardività dello stesso si configura come vizio assoluto in quanto, decorso il termine legale ultimo, nessun giudice può occuparsi del ricorso. Ne consegue che il vizio in parola non è emendabile ed è rilevabile d'ufficio anche in sede di appello.

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