Consiglio di Stato Sez. IV sentenza n. 924 del 11 febbraio 2011

(3 massime)

(massima n. 1)

La disciplina contenuta nell'art. 2697 c.c. (corrispondente, ora, all'art. 64, comma 1, D.Lgs. n. 104/2010) secondo la quale spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti, deve trovare integrale applicazione anche nel processo amministrativo ogniqualvolta non ricorra disuguaglianza di posizioni tra p.a. e privato, laddove si verte esclusivamente sulla spettanza, o meno, di un risarcimento del danno: con la conseguenza che, a pena di un'inammissibile inversione del regime dell'onere della prova, non è consentito al giudice amministrativo di sostituirsi alla parte onerata quando quest'ultima si trovi nell'impossibilità di provare il fatto posto a base della sua azione.

(massima n. 2)

Nel processo amministrativo, anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice approvato con D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (art. 64, comma 3, codice del processo amministrativo), il sistema probatorio è fondamentalmente retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice, il quale comporta l'onere per il ricorrente di presentare almeno un indizio di prova perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori e ciò, per l'appunto, è contemplato dal "sistema" proprio in quanto il ricorrente, di per sé non ha la disponibilità delle prove, essendo queste nell'esclusivo possesso dell'amministrazione ed essendo quindi sufficiente che egli fornisca un principio di prova.

(massima n. 3)

Ai sensi dell'art. 104, comma 2, c.p.a., nel giudizio di appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il Collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.

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