Consiglio di Stato Sez. VI sentenza n. 4115 del 4 settembre 2015

(4 massime)

(massima n. 1)

Inquadrando la responsabilità della P.A. da provvedimento illegittimo nell'ambito del modello aquiliano, il privato può provare la colpa dell'Amministrazione anche semplicemente dimostrando l'illegittimità del provvedimento lesivo, illegittimità la quale, pur non identificandosi nella colpa, costituisce, tuttavia, un indizio (grave, preciso e concordante) idoneo a fondare una presunzione (semplice) di colpa, che l'Amministrazione può vincere dimostrando elementi concreti da cui possa evincersi la scusabilità dell'errore compiuto.

(massima n. 2)

Il c.d. "danno curriculare", derivante dall'impossibilità di utilizzare le referenze derivanti dall'esecuzione dell'appalto nell'ambito di futuri procedimenti similari cui l'impresa potrebbe partecipare, può essere pragmaticamente ritenuto "in re ipsa", nel caso di mancata aggiudicazione di una gara di appalto, in una certa (e contenuta) misura, in quanto insita nel fatto stesso dell'impossibilità di utilizzare le richiamate referenze; in assenza di puntuali allegazioni, il danno in questione può essere liquidato in via equitativa, ricorrendo al parametro equitativo di cui all'art. 1226 cod. civ. e determinandolo in una percentuale dell'importo globale presunto dell'appalto al netto del ribasso offerto (nella specie il danno curriculare è stato liquidato in una misura non superiore all'1 per cento del ribasso offerto).

(massima n. 3)

Il danno risarcibile per perdita di chance esige la prova, anche presuntiva, dell'esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile, essendo necessario che il danneggiato dimostri anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra il danno e la ragionevole probabilità della verificazione futura del danno.

(massima n. 4)

Nel caso di ricorso proposto prima della novella introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, il momento del passaggio in giudicato della sentenza che lo decide - da cui far decorrere il termine di 120 giorni previsto dall'art. 30, comma 5 del cod. proc. amm. per la proposizione dell'azione risarcitoria - non può essere fatto coincidere con il termine di sei mesi per proporre ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 362, 1° comma, cod. proc. civ. (il termine semestrale in questione è stato fissato infatti dall'art. 327 c.p.c. nel testo modificato dal comma 17 dell'articolo 46 della L. 18 giugno 2009, n. 69), dovendosi invece applicare il termine annuale di cui al previgente articolo 327, stante la previsione di cui al comma 1 dell'articolo 58 della L. 69, cit., secondo cui "le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore".

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