Consiglio di Stato Sez. IV sentenza n. 4642 del 6 ottobre 2015

(4 massime)

(massima n. 1)

La "piena conoscenza" dell'atto lesivo, alla quale fare riferimento ai fini della decorrenza del termine d'impugnazione, non deve essere intesa quale "conoscenza piena ed integrale" dei provvedimenti che si intendono impugnare, ovvero di eventuali atti endoprocedimentali, la cui illegittimità infici, in via derivata, il provvedimento finale; ciò che è invece sufficiente ad integrare il concetto di "piena conoscenza" è la percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l'attualità dell'interesse ad agire contro di esso.

(massima n. 2)

La prova della "piena conoscenza" dell'atto lesivo da parte del ricorrente, ai fini di individuare la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale, deve essere estremamente cauta e rigorosa, non potendo basarsi su mere supposizioni ovvero su deduzioni, pur sorrette da apprezzabili argomentazioni logiche. Essa deve risultare incontrovertibilmente da elementi oggettivi, ai quali il giudice deve riferirsi, nell'esercizio del suo potere di verifica di ufficio della eventuale irricevibilità del ricorso, o che devono essere rigorosamente indicati dalla parte che, in giudizio, eccepisca l'irricevibilità del ricorso instaurativo del giudizio.

(massima n. 3)

Non è consentito al giudice ricavare la prova della "piena conoscenza" dell'atto impugnato da deduzioni o supposizioni, non legate ad elementi certi; tuttavia non è impedito al giudice, in presenza di dati oggettivi (nella specie costituiti da due domande di accesso), verificare, sulla base di un ragionamento rigorosamente sorvegliato dal punto di vista logico, se la conoscenza dell'atto oggetto di impugnazione, acquisita da soggetti diversi dalla parte ricorrente in persona, sia tuttavia riconducibile alla sfera giuridica di questa. In particolare, non può essere preclusa al giudice (non ostandovi l'art. 64 c.p.a.), in presenza di una intervenuta conoscenza dell'atto impugnato, la valutazione della riconducibilità di questa alla sfera giuridica del soggetto ricorrente, se coloro che tale conoscenza hanno acquisito sono legati al ricorrente da rapporti di opera professionale.

(massima n. 4)

La "piena conoscenza" di un permesso di costruire da parte dei vicini può anche desumersi da alcune istanze di accesso presentate nel loro interesse da alcuni professionisti incaricati e ciò anche se, dagli atti di accesso, non si evinca "per tabulas" l'esistenza di un incarico professionale, ma le ragioni dell'accesso e la riconducibilità della conoscenza così acquisita degli atti, ben possano essere intesi come intervenuta conoscenza da parte del ricorrente, con gli effetti che ciò produce ai fini della decorrenza del termine decadenziale. Argomentando diversamente, l'accertamento della "piena conoscenza" dell'atto - e dunque la certezza del dies a quo - laddove si richiedesse la prova documentale dell'incarico ricevuto, verrebbero ad essere rimesse alla disponibilità del ricorrente.

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