Consiglio di Stato Sez. V sentenza n. 1436 del 24 marzo 2014

(3 massime)

(massima n. 1)

L'art. 26 comma 2 Cod. proc. amm., come modificato dall'art. 1 comma 1 lett. f) D.L.vo 15 novembre 2011 n. 195 - a norma del quale "il giudice condanna d'ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio..." - introduce una clausola generale destinata ad essere riempita di contenuti dalla giurisprudenza, tenendo presente che sul piano sistematico, si staglia una previsione normativa di chiusura dell'ordinamento processuale amministrativo la quale consente di approntare, in via generale e residuale, un'adeguata reazione alla violazione del principio internazionale e costituzionale del giusto processo, espressamente richiamato dall'art. 2 comma 1 stesso codice, non diversamente tipizzata, di guisa che tutte le violazioni di tale superiore principio ricevano una adeguata sanzione.

(massima n. 2)

L'art. 26 comma 2 Cod. proc. amm., come modificato dall'art. 1 comma 1 lett. f) D.L.vo 15 novembre 2011 n. 195 - a norma del quale "il giudice condanna d'ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio..." - ha natura sanzionatoria, che prescinde da una specifica domanda nonché dalla prova del danno subito, ed il cui gettito, commisurato a predeterminati limiti edittali, è destinato al bilancio della giustizia amministrativa, atteso che lo scopo della norma è quello di tutelare la rarità della risorsa giudiziaria, un bene non suscettibile di usi sovralimentati o distorti, soprattutto a presidio dei casi in cui il suo uso è davvero necessario.

(massima n. 3)

L'art. 26 comma 2 Cod. proc. amm., come modificato dall'art. 1 comma 1 lett. f) D.L.vo 15 novembre 2011 n. 195 - a norma del quale "il giudice condanna d'ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio..." -, si distingue dalla precedente versione: a) per aver introdotto una misura sanzionatoria, in aggiunta a quella indennitaria, in virtù del richiamo operato dall'art. 26 comma 1 all'intero art. 96 Cod. proc. civ. e, pertanto, anche al comma 3 che stabilisce la fattispecie indennitaria madre, dunque cumulabile con una sanzione processuale pecuniaria; b) per l'apparente modificazione dei suoi presupposti di applicabilità, tenendo peraltro presente che la "temerarietà" della condotta processuale comprende in sé anche le fattispecie delle "ragioni manifeste" e degli "orientamenti giurisprudenziali consolidati".

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