Consiglio di Stato Sez. III sentenza n. 4167 del 10 ottobre 2016

(4 massime)

(massima n. 1)

Sussiste la competenza del Consiglio di Stato ad esaminare un ricorso per esecuzione del giudicato formatosi su di una sentenza con la quale il Consiglio di Stato stesso ha dichiarato tardivo l'appello principale ed improcedibile l'appello incidentale e, quindi, ha dettato un articolato regime delle spese dello stesso grado di appello, prevedendo anche l'applicazione a carico dell'appellante principale della sanzione prevista dall'art. 26, comma 2, c.p.a.; in questo caso, infatti, non trova applicazione l'art. 113, comma 1, ultimo periodo, c.p.a., che, per incardinare il giudizio di ottemperanza, individua la competenza nel giudice di primo grado anche ove l'ottemperanza concerna «provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado».

(massima n. 2)

Ai sensi dell'art. 13, comma 6 bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, l'importo del contributo unificato (per le spese degli atti giudiziari) va rimborsato alla parte vittoriosa (che lo ha corrisposto) ed è posto «in ogni caso a carico della parte soccombente» come obbligo ex lege, cioè a prescindere dalla presenza della esplicita statuizione nella sentenza, che ha deciso la causa, e dalla eventuale statuizione di compensazione delle altre spese di giudizio. In particolare il suddetto art. 13, comma 6 bis, dispone che l'onere del pagamento dei suddetti contributi sia posto a carico della parte soccombente "in ogni caso", cioè (prosegue la norma) "anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio".

(massima n. 3)

Il legislatore con l'espressione "in ogni caso" contenuta nell'art. 13, comma 6 bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, da un lato, si è riferito alla circostanza che l'obbligo del rimborso a carico del soccombente deriva direttamente ed automaticamente dalla legge, per cui, sul punto, non è necessario l'inserimento di una specifica statuizione della sentenza, mentre, dall'altro, ha stabilito, altresì, che tale obbligo sussiste in capo alla parte soccombente anche quando questa non abbia resistito alla chiamata in giudizio (cioè non si sia costituita), oppure quando sia stata esonerata dal corrispondere le spese di lite alla controparte vittoriosa, avendo il giudice disposto la compensazione delle spese del giudizio tra le parti; in tal senso va intesa la portata della prescrizione che impone a carico della parte soccombente l'onere di rimborsare l'importo del contributo unificato alla parte vittoriosa "in ogni caso", cioè anche ove sia stata disposta la compensazione giudiziale delle spese e anche se la parte soccombente non si è costituita in giudizio.

(massima n. 4)

Non sussistono i presupposti per dichiarare l'obbligo del rimborso del contributo unificato nel caso in cui la appellata in realtà, non sia parte vittoriosa nel giudizio di appello in cui ha proposto appello incidentale, in quanto la sentenza, avendo dichiarato l'appello principale tardivo (su eccezione della parte appellata e dell'appellante incidentale), non ha potuto far altro che dichiarare improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l'appello incidentale, trattandosi di impugnazione proposta dalla stessa ricorrente vittoriosa in primo grado (ai sensi dell'art. 96, comma 4, c.p.a.) per chiedere (ove fosse accolto l'appello principale) la riforma della sentenza del giudice di primo grado limitatamente alla parte in cui aveva respinto i primi due motivi di ricorso. In questo caso, quindi, poiché la parte appellata, vittoriosa in primo grado, ha scelto di proporre un appello incidentale ai sensi dell'art. 96, comma 4, c.p.a. (c.d. dipendente), cioè volto soltanto a mantenere inalterato l'assetto degli interessi delineato dalla sentenza di primo grado e, quindi, legato alla sorte dell'appello principale, è evidente che la dichiarata sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dell'appello incidentale non è equiparabile ad una pronuncia di accoglimento.

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