Consiglio di Stato Sez. V sentenza n. 2013 del 21 aprile 2015

(2 massime)

(massima n. 1)

Il provvedimento con il quale la Stazione appaltante, a seguito dell'aggiudicazione provvisoria della gara, revoca la procedura di gara per difficoltà finanziarie, procedendo al «ritiro del bando di gara e degli atti conseguenti ivi inclusa l'aggiudicazione», non può essere qualificato come una revoca dell'aggiudicazione provvisoria; in tal caso non è pertanto applicabile la giurisprudenza secondo cui tale provvedimento non è riconducibile al potere di autotutela amministrativa, tenuto conto del chiaro tenore motivazionale del provvedimento in questione e dei prodromici atti, nonché della medesima sequenza procedimentale dai quali emerge invece che la Stazione appaltante ha revocato in autotutela l'intera gara a partire dal bando. In tal caso, quindi, il provvedimento deve considerarsi espressivo del generale potere previsto dall'art. 21-quinquies della L. n. 241/1990.

(massima n. 2)

Nel caso di legittima revoca della procedura di gara, disposta a seguito dell'aggiudicazione provvisoria della gara stessa, l'impresa dichiarata aggiudicataria provvisoria ha diritto ad avere ristorati i «pregiudizi» previsti dal primo comma art. 21-nonies della L. n. 241 del 1990, considerato l'affidamento maturato sulla positiva definizione della procedura di gara, ragionevolmente ingeneratosi dopo il conseguimento dell'aggiudicazione provvisoria. In tal caso, tuttavia, la quantificazione dell'indennizzo deve essere limitata alle spese inutilmente sopportate dalla impresa aggiudicataria provvisoria per partecipare alla gara, con esclusione di qualsiasi altro pregiudizio dalla stessa lamentato.

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