Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 22528 del 21 maggio 2003

(1 massima)

(massima n. 1)

Per l'esercizio dell'agopuntura è richiesta l'abilitazione all'esercizio della professione medica: colui che la pratichi, essendone sprovvisto, commette il reato di cui all'art. 348 c.p. Infatti, l'agopuntura è una pratica terapeutica «non convenzionale» che richiede la specifica conoscenza della scienza medica, in quanto la stessa viene ad esplicarsi mediante atti propri della professione medica, oltre che per l'attività di diagnosi e di scelta terapeutica della malattia da curare, anche per i suoi intrinseci metodi applicativi che possono definirsi clinici (nell'affermare tale principio la Corte ha altresì precisato che la L.R. Piemonte 24 ottobre 2002 n. 25, recante la «Regolamentazione delle pratiche terapeutiche e delle discipline non convenzionali», non ha legittimato gli operatori non medici in possesso di un'apposita abilitazione, diversa da quella prescritta per l'esercizio della professione medica, alla pratica dell'agopuntura, laddove la stessa non si limiti alla mera esecuzione dei rimedi terapeutici, ma comporti diagnosi e scelte terapeutiche).

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