Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1379 del 19 maggio 1998

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di ricusazione, qualora il giudice di merito abbia ritenuto la manifesta infondatezza dell'istanza ed abbia, conseguentemente, dichiarato l'inammissibilità con provvedimento adottato de plano, non sussiste l'interesse a proporre ricorso per cassazione lamentando la mancata applicazione dell'art. 127 c.p.p., previsto per il caso in cui debba rigettarsi la richiesta di ricusazione nel merito, non potendosi conseguire alcun vantaggio da una decisione di rigetto in luogo di quella di inammissibilità.

(massima n. 2)

La sentenza della Corte costituzionale 2 novembre 1996, n. 371, con la quale si è dichiarata l'illegittimità del comma secondo dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare la sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata, non può esplicare i suoi effetti nell'ipotesi in cui il giudice di appello abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena a carico di coimputati ai sensi dell'art. 599, comma quarto, c.p.p., perché in tal caso la valutazione ha avuto ad oggetto unicamente la congruità della pena da altri indicata, con riferimento necessario esclusivamente alla loro condotta e alla loro situazione soggettiva, e prescinde, perciò, del tutto dalla responsabilità, il cui accertamento è stato già eseguito in primo grado ed è divenuto definitivo per effetto automatico della rinuncia all'impugnazione sul punto.

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