Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 4087 del 8 maggio 1997

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di trattamento sanzionatorio del reato continuato, al fine della individuazione, per il calcolo della pena, del reato più grave, si deve tenere conto, in caso di concorso di pene dello stesso genere e specie, della pena edittale massima e, a parità di massimo, del maggiore minimo. Una deroga a tale regola è imposta in quelle ipotesi in cui il minimo della pena edittale contemplata per un determinato reato sia superiore al minimo della pena edittale contemplata per un altro reato in continuazione, anche se punito, quest'ultimo, con maggiore rigore nel massimo; in tale ipotesi, va applicato il principio secondo cui non può infliggersi, in ogni caso, una pena inferiore al minimo edittale previsto per uno dei reati unificati dall'identità del disegno criminoso, sicché, ove il giudice ritenga di applicare la pena nel minimo di legge, è obbligato ad individuare il reato più grave in quello per il quale la pena minima sia di maggiore entità prescindendo dal massimo edittale, mentre, ove ritenga di applicare la pena non nel minimo legale, per considerare più grave anche uno dei reati puniti, nel minimo, con pena inferiore a quella prevista per gli altri reati, purché — però — la pena base non vada mai in concreto, al di sotto del minimo edittale previsto per uno qualsiasi dei reati in continuazione.

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