Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 3127 del 10 settembre 1994

(1 massima)

(massima n. 1)

Il giudice dell'esecuzione, cui sia richiesta la revoca della sentenza per dedotta sopravvenuta abolizione del reato è tenuto ad interpretare il giudicato e a renderne espliciti il contenuto ed i limiti ricavando dalla decisione irrevocabile tutti gli elementi, anche non chiaramente espressi, che siano necessari ai fini dell'accoglimento o meno dell'istanza; all'uopo non può negarsi al giudice il potere di esaminare anche gli atti essenziali allo scopo (stante la previsione generale di cui all'art. 666 comma quinto c.p.p.). (Fattispecie in tema di condanna per detenzione di sostanze stupefacenti di cui era stata richiesta la revoca, alla luce della normativa post-referendaria in materia, deducendosi che nel capo di imputazione era mancata la contestazione della finalità di spaccio. Affermando il principio di cui sopra la Cassazione ha ritenuto che correttamente il G.E. nel respingere l'istanza avesse valorizzato le contestazioni relative alla suddetta finalità mosse in occasione dei provvedimenti sulla libertà considerando al contempo le specifiche circostanze indicate nella sentenza stessa circa la quantità della sostanza, la presenza di bilancino e destrosio).

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