Cassazione penale Sez. V sentenza n. 1287 del 3 febbraio 1994

(2 massime)

(massima n. 1)

La previsione dell'art. 164, terzo comma, c.p., secondo cui la sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca, deve intendersi limitata, oltre che alle misure di sicurezza patrimoniali diverse dalla confisca, alle misure personali, la cui applicazione sia consentita discrezionalmente. Una diversa interpretazione del suddetto disposto, con cui si ritenesse estesa la suddetta inapplicabilità alle ipotesi di misure personali obbligatorie, sarebbe in contrasto sia con il dettato dell'art. 164, secondo comma, n. 2 c.p. (in virtù del quale la sospensione condizionale della pena non può essere concessa quando alla pena inflitta vada aggiunta una misura di sicurezza personale, perché il reo è persona che la legge presume socialmente pericolosa), sul quale non ha inciso la soppressione della presunzione della qualità di persona socialmente pericolosa ex art. 31 della L. 10 ottobre 1986, n. 663, sia col fondamentale precetto dell'art. 164, primo comma c.p., che eleva a condizione di legittimità di concessione del beneficio la presunzione di ravvedimento del colpevole. (Fattispecie nella quale la S.C. ha annullato la decisione del giudice di merito che, pur dando atto della prova della pericolosità sociale dell'imputato, condannato per il delitto di lesioni volontarie gravi a pena diminuita per vizio parziale di mente, non aveva fatto luogo all'applicazione della misura di sicurezza di cui all'art. 219 c.p., sulla scorta dell'interpretazione, sopra censurata, dell'art. 164, terzo comma, c.p.).

(massima n. 2)

Il dettato dell'art. 164, terzo comma c.p., secondo cui la sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca, deve intendersi limitato, oltre che alle misure di sicurezza patrimoniali diverse dalla confisca, alle misure personali, la cui applicazione sia consentita discrezionalmente. Conseguentemente, non può farsi luogo alla concessione del beneficio suddetto in presenza della previsione normativa di cui all'art. 219, terzo comma, c.p. (assegnazione ad una casa di cura e di custodia), dal momento che la possibilità di sostituire in taluni casi alla misura del ricovero quella della libertà vigilata non fa venir meno l'obbligatorietà — che sorge nel momento in cui risulti che l'imputato è persona socialmente pericolosa — dell'applicazione di quest'ultima specie di misura.

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