Cassazione penale Sez. I sentenza n. 9700 del 8 ottobre 1992

(1 massima)

(massima n. 1)

Nel caso di procedimento di natura indiziaria il giudice non può prescindere dall'osservanza delle regole di cui all'art. 192, comma primo e secondo, c.p.p., ed in particolare dalla necessità di dar conto della ricorrenza, negli indizi utilizzati per stabilire l'esistenza del fatto-reato (nella specie: omicidio), dei requisiti della gravità, della precisione e della concordanza. Al riguardo deve ritenersi che gravi sono gli indizi consistenti, cioè resistenti alle obiezioni, e quindi attendibili e convincenti; precisi sono quelli non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o più verosimile e, perciò, non equivoci; concordanti sono quelli che non contrastano tra loro e più ancora con altri dati o elementi certi. La precisione dell'indizio, in particolare, ne suppone la certezza, nel senso dell'accertata verificazione storico-naturalistica della circostanza che lo costituisce, per obiettiva esistenza direttamente assodata o per deduzione inequivoca e sicura da altri elementi e per esclusione, per contro, di difforme o antitetica significazione. Il rigoroso ed obiettivo accertamento del dato ignoto, cui è possibile pervenire su base indiziaria, deve essere, pertanto, lo sbocco necessitato e strettamente conseguenziale, sul piano logico-giuridico, delle premesse indiziarie in fatto, con esclusione di ogni altra soluzione prospettabile, in termini di equivalenza o di alternatività. Il giudizio conclusivo, in altre parole, deve essere l'unico possibile alla stregua degli elementi disponibili, secondo i criteri di razionalità dettati dall'esperienza umana.

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