Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 8169 del 22 luglio 1992

(1 massima)

(massima n. 1)

Qualora due o pił reati debbano unificarsi con il vincolo della continuazione, il giudice č tenuto ad esaminare se e quali circostanze (aggravanti o attenuanti) ricorrano in relazione ad ogni singolo reato, non solo per stabilire quale sia in concreto la violazione pił grave, ma anche: a) per esattamente definire la fisionomia di ciascuna di esse; b) per graduare l'aumento di pena previsto dall'art. 81 c.p.; c) per consentire l'eventuale applicazione presente o futura di determinate cause estintive del reato, sia, infine, per non ledere l'evidente interesse dell'imputato a vedersi escludere, relativamente alle meno gravi violazioni, le aggravanti insussistenti o riconoscere le attenuanti che gli competano o possano essergli concesse. Ne consegue che l'esame delle circostanze nel reato continuato conduce necessariamente o alla esclusione delle aggravanti o al riconoscimento o concessione delle attenuanti in riferimento, non solo al reato pił grave, ma anche in relazione a ciascuno degli illeciti meno gravi per i quali la sanzione viene delimitata, al fine di ovviare al rigore del cumulo materiale della pena, con il diverso criterio dell'aumento della pena base. Solo per il reato pił grave, pertanto, e per quelle sole circostanze che lo concernono, l'esclusione, il riconoscimento o la concessione d'una circostanza possono ricevere effettiva applicazione mentre per gli illeciti meno gravi le relative circostanze restano inefficaci, salva la loro limitata funzione, quoad poenam, di concorrere a determinare in maggiore o minore misura l'aumento di pena prevista dall'art. 81 c.p.

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