Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5633 del 27 maggio 1991

(1 massima)

(massima n. 1)

Nell'ambito del rito previsto dall'art. 599, quarto comma, c.p.p. — verificandosi una sorta di temporanea devoluzione alle parti del potere discrezionale di graduazione della pena — non è consentito al giudice di procedere ex officio a rettifica, o comunque a modifica, della pena concordata, essendogli riservata soltanto la facoltà, nel caso ritenga di «non poter accogliere, allo stato, la richiesta» delle parti, di disporre la citazione delle stesse al dibattimento (art. 599, quinto comma). Nell'ipotesi che al concordato sulla misura della pena si aggiunga la richiesta dei benefici di legge, è riservato al giudice — diversamente da quanto previsto nel patteggiamento subordinato, regolato dall'art. 444, terzo comma, c.p.p. — il potere di ratificare soltanto il concordato sulla pena richiesta senza che, per ciò solo, si debba procedere al rito ordinario. Diversamente, infatti, da quello concernente la misura della pena, l'efficacia dell'accordo delle parti sulla sospensione della pena e sulla non menzione della condanna risulta originariamente sottoposto alla condizione sospensiva della sussistenza, al momento della ratifica giudiziale dello stesso, dei presupposti tassativamente previsti dagli artt. 163 e 175 c.p., come tali sottratti al potere dispositivo riservato alle parti dall'art. 599 c.p.p. in tema di riduzione di pena.

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