Cassazione penale Sez. I sentenza n. 343 del 19 marzo 1991

(6 massime)

(massima n. 1)

Il giudizio di pericolosità sociale è la negazione di quella riabilitazione interiore che costituisce il fondamento giuridico dell'istituto della liberazione condizionale nella vigente normativa.

(massima n. 2)

Ai fini dell'ammissione alla liberazione condizionale occorre che il giudizio sul ravvedimento del condannato sia espresso in termini di certezza e non di mera probabilità.

(massima n. 3)

Ai sensi dell'art. 176, comma primo, c.p., l'ammissione alla liberazione condizionale è subordinata al «sicuro ravvedimento» del condannato, che può ritenersi sussistente solo allorquando sia raggiunta la prova certa di una radicale evoluzione della sua personalità improntata al recupero del senso di responsabilità delle proprie determinazioni, alla revisione delle motivazioni che lo avevano indotto a scelte criminali e, quindi, al definitivo abbandono dei disvalori sui quali tali scelte si fondavano.

(massima n. 4)

La libertà vigilata ordinata in sede di liberazione condizionale si differenzia dal punto di vista strutturale da quella disposta negli altri casi contemplati dalla legge in quanto non ne è prevista una durata minima né sussiste la possibilità di proroga. La sua durata, infatti, corrisponde alla pena residua da espiare all'atto della liberazione o è di cinque anni se trattasi di condannato all'ergastolo (arg. ex art. 177, comma secondo, c.p.), mentre la sanzione nel caso di trasgressione degli obblighi imposti non è costituita dall'applicazione, in aggiunta o in sostituzione, di un'altra misura di sicurezza, bensì dalla revoca della liberazione.

(massima n. 5)

La libertà vigilata ordinata in sede di liberazione condizionale si differenzia sotto l'aspetto funzionale dalla misura di sicurezza della libertà vigilata in quanto non ha lo scopo di fronteggiare una pericolosità sociale del condannato (anzi in tanto è ordinata in quanto sia stato accertato che questi non è più socialmente pericoloso), ma quello di consentire un controllo dello stesso al fine di verificare se il giudizio sul ravvedimento trovi rispondenza nella realtà dei fatti.

(massima n. 6)

La libertà vigilata cui è sottoposta la persona ammessa alla liberazione condizionale solo nominalisticamente e quanto al contenuto delle restrizioni della libertà personale è assimilabile alla omonima misura di sicurezza, mentre strutturalmente e funzionalmente se ne differenzia in modo sostanziale, talché non è ad essa applicabile in toto la disciplina dettata per le misure di sicurezza ed in particolare l'art. 31, comma secondo, della L. 10 ottobre 1986, n. 663, in forza del quale le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento della pericolosità sociale dell'interessato.

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