Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 7259 del 24 maggio 1990

(1 massima)

(massima n. 1)

Il bene giuridico tutelato dall'art. 319 c.p. è costituito dai principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione indicati nell'art. 97, comma primo, della Costituzione. La contrarietà ai doveri d'ufficio può riguardare la condotta complessiva del funzionario, che anche tramite l'emanazione di atti formalmente regolari può venir meno ai suoi compiti istituzionali, inserendo tali atti in un contesto avente finalità diverse da quella di pubblica utilità. L'attenzione dell'interprete, per valutare la contrarietà o meno della condotta del pubblico ufficiale ai suoi doveri, deve incentrarsi non sui singoli atti, ma sull'insieme del servizio reso al privato, per cui, anche se ogni atto separatamente considerato corrisponda ai requisiti di legge, l'asservimento costante della funzione, per denaro, agli interessi privati concreta il reato di cui all'art. 319 c.p. anziché quello di cui al precedente art. 318.

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