Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2042 del 18 luglio 1990

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di liberazione condizionale il tribunale di sorveglianza deve aver riguardo al comportamento tenuto dal condannato durante tutto il tempo dell'esecuzione della pena al fine di pervenire al giudizio, positivo o negativo, sul suo ravvedimento, e, quindi, sull'opportunitā di un anticipato reinserimento nella societā. A tal fine č indispensabile compiere una penetrante disamina delle relazioni degli operatori penitenziari, all'uopo sollecitate ed acquisite, per stabilire, al di lā di una generica buona condotta carceraria, i progressi compiuti dal condannato nel corso del trattamento rieducativo, la sua assiduitā al lavoro ed all'apprendimento, i suoi buoni rapporti di correttezza con il personale di custodia e gli altri detenuti, sintomatici non solo di un'evoluzione della personalitā improntata al recupero del senso di responsabilitā delle proprie determinazioni ed alla revisione delle motivazioni che lo aveva indotto a scelte criminali, ma, anche, del definitivo abbandono dei valori sui quali tale scelte si fondavano e, quindi, del suo sicuro ravvedimento. In tale prospettiva la gravitā del reato e la capacitā a delinquere palesata con la sua commissione, seppure non debbono assumere rilevanza decisiva, non possono e non debbono, tuttavia, essere ignorate atteso che ad esse č necessario avere riguardo come dato da cui prendere le mosse per compiere le valutazioni suddette; il ravvedimento, infatti, va stabilito in relazione e rispetto alla pericolositā evidenziata dal soggetto con il delitto commesso.

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