Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 16817 del 1 dicembre 1989

(1 massima)

(massima n. 1)

L'art. 388 c.p. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice) prevede nella prima parte — concernente la mancata esecuzione degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna — il compimento di atti fraudolenti, diretti ad eludere gli obblighi di cui trattasi: occorre, cioè, un comportamento attivo e commissivo, contrassegnato dal dolo specifico; mentre solo nella seconda parte della stessa norma — che contempla l'elusione del provvedimento del giudice civile concernente l'affidamento dei minori o di altri incapaci, ovvero misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito — la condotta del reo è libera, essendo sufficiente ad integrare il reato il semplice dolo generico e, cioè, la coscienza e volontà di disobbedire al provvedimento del giudice. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso della parte civile avverso sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato, la Suprema Corte ha ritenuto che nessuna attività fraudolenta, diretta a sottrarsi ad obblighi imposti con il provvedimento giurisdizionale, fu posta in essere dall'imputato, in quanto la riduzione unilaterale dell'assegno mensile dovuto alla moglie — stabilito dal giudice civile in sede di separazione personale — era stata effettuata «sul presupposto che le entrate patrimoniali della querelante erano aumentate per il sopravvenuto nuovo stipendio della maggiore delle figlie», «comportamento, questo, ben lontano dalla condotta fraudolenta prevista dalla norma in esame ai fini della punibilità»).

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