Cassazione penale Sez. II sentenza n. 278 del 5 febbraio 1969

(1 massima)

(massima n. 1)

Per effetto dell'intervento di cause estintive, il fatto non è più penalmente sanzionabile; cessa, cioè, il suo carattere antigiuridico, dal punto di vista del diritto penale, pur permanendo gli altri effetti del fatto, inteso in senso naturalistico, ed eventualmente gli altri caratteri, sotto il profilo dell'illecito civile, amministrativo, disciplinare, nonché le altre conseguenze inerenti alla personalità del colpevole, previste, ad esempio, dall'art. 106 c.p. (agli effetti della recidiva, e della dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato) e dall'art. 170, secondo capoverso, stesso codice (in tema di estinzione di un reato che sia presupposto, elemento costitutivo o circostanza aggravante di altro reato); donde l'importanza della valutazione e dell'accertamento, da parte del giudice penale, della esistenza e validità delle dette cause estintive del reato, le quali, pur operando nel momento in cui agiscono, vanno dichiarate attraverso un giudizio che, sia pure in senso negativo, cade sull'antigiuridicità penale del fatto. Ciò significa che, nel momento in cui l'accertamento viene compiuto, con la sentenza che chiude il giudizio di primo grado, o anche precedentemente nel corso del procedimento stesso, il giudice si trova pur sempre di fronte ad una situazione processuale che non può non alterare i limiti della originaria contestazione.

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