Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 25045 del 7 dicembre 2016

(2 massime)

(massima n. 1)

Nell’ipotesi in cui la determinazione del compenso agli arbitri, in ragione della composizione mista del collegio arbitrale, avvenga in via equitativa utilizzandosi i parametri di cui al d.m. n. 127 del 2004 (applicabile “ratione temporis”), anche il valore della controversia deve essere determinato alla stregua dei criteri generali previsti dall’art. 6 del d.m. citato, e cioè sulla base non di quanto richiesto dalla parte vincitrice ma di quanto liquidatole con la decisione, non essendo in tal caso applicabile l’art. 12 c.p.c., atteso che le tabelle di liquidazione sono strettamente collegate ai criteri generali di liquidazione dalle stesse previste, onde non è possibile applicare in via equitativa le une prescindendo dagli altri.

(massima n. 2)

Alla luce della compiuta giurisdizionalizzazione dell’arbitrato operata dal d.lgs. n. 40 del 2006, deve ritenersi ammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso l’ordinanza resa dalla corte di appello, in sede di reclamo, contro il provvedimento del presidente del tribunale di determinazione del compenso degli arbitri ex art. 814 c.p.c. come riformato dal d.lgs. citato, atteso che quell'ordinanza ha natura giurisdizionale a tutti gli effetti, ed è caratterizzata dai requisiti di decisorietà e definitività, incidendo sul diritto soggettivo al compenso con efficacia di giudicato senza che ne sia possibile la modifica o revoca attraverso l’esperimento di alcun altro rimedio giurisdizionale.

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