Cassazione civile Sez. I sentenza n. 118 del 4 gennaio 1995

(1 massima)

(massima n. 1)

L'illiceità ha dei connotati più gravi della semplice violazione di legge, comportando, come si ricava dagli artt. 1343 ss. c.c., la contrarietà a norme imperative, all'ordine pubblico od al buon costume, o la frode alla legge intesa come mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa, la quale ultima disciplina solo quanto il legislatore ritiene fondamentale, categorico ed irrinunciabile, tanto da essere sottratto completamente all'autonomia privata, da valere erga omnes e da dover essere applicato anche d'ufficio per ragioni che trascendono l'interesse del singolo. Ne consegue che non può essere considerata illecita per l'oggetto la deliberazione di una società cooperativa edilizia che, avendo alcuni soci rinunziato ai propri diritti in favore di un altro socio, assegni a quest'ultimo, dietro esborso di danaro, oltre gli appartamenti spettanti ai rinunzianti anche altre porzioni del fabbricato sociale, agendo quel socio col proposito di vendere a terzi tutti o parte di detti beni. Infatti, per quel che concerne la cooperativa, il fine mutualistico che la caratterizza non è inconciliabile con l'esercizio da parte della stessa di un'attività commerciale e con l'intento di lucro, ben potendo questi due fini coesistere ed essere rivolti al conseguimento di uno stesso risultato, e, per quel che concerne i singoli soci, essi ben possono rivolgere la loro partecipazione alla cooperativa anche a scopi di lucro personale, dato che il requisito dello scopo mutualistico è richiesto dall'art. 2511 c.c. con riferimento alla cooperativa e non ai singoli membri dell'organizzazione.

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