Cassazione civile Sez. III sentenza n. 2271 del 4 febbraio 2005

(1 massima)

(massima n. 1)

La lesione dell'onore e della reputazione altrui non si verifica quando la diffusione a mezzo stampa delle notizie costituisce legittimo esercizio del diritto di cronaca, condizionato all'esistenza dei seguenti presupposti: la veritā oggettiva della notizia pubblicata; l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto (cosiddetta pertinenza); la correttezza formale dell'esposizione (cosiddetta continenza). In particolare, quanto al primo presupposto soltanto la correlazione rigorosa fra fatto e notizia realizza l'interesse pubblico all'informazione, sotteso all'art. 21 Cost., e rende non punibile la condotta ai sensi dell'art. 51 c.p., sempre che ricorrano anche la pertinenza e la continenza. Ne consegue che il giornalista ha l'obbligo di controllare l'attendibilitā della fonte informativa, a meno che non provenga dall'autoritā investigativa o giudiziaria, e di accertare la veritā del fatto pubblicato, restando altrimenti responsabile dei danni derivati dal reato di diffamazione a mezzo stampa, salvo che non provi l'esimente di cui all'art. 59 ultimo comma c.p. e cioč la sua buona fede. A tal fine la cosiddetta veritā putativa del fatto non sussiste per la mera verosimiglianza dei fatti narrati, essendo necessaria la dimostrazione dell'involontarietā dell'errore, dell'avvenuto controllo — con ogni cura professionale, da rapportare alla gravitā della notizia e all'urgenza di informare il pubblico — della fonte e della attendibilitā di essa, onde vincere dubbi e incertezze in ordine alla veritā dei fatti narrati. (Nella specie in un art. giornalistico era stata attribuita ad un soggetto, oltre all'imputazione per appropriazione indebita, anche quella di emissione di assegni a vuoto e truffa aggravata, riferibile ad altro soggetto; la S. comma ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso il reato di diffamazione senza accertare se il giornalista era incorso in errore involontario nel senso sopraindicato).

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