Cassazione civile Sez. III sentenza n. 11962 del 8 giugno 2005

(2 massime)

(massima n. 1)

In ragione della struttura «chiusa» propria del giudizio di rinvio, cioè della cristallizzazione della posizione delle parti nei termini in cui era rimasta definita nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione e più precisamente fino all'ultimo momento utile nel quale detta posizione poteva subire eventuali specificazioni (nei limiti e nelle forme previste per il giudizio di legittimità, specie quelle dell'art. 372 c.p.c.), il giudice di rinvio, al fine di procedere al giudizio nei termini rimessigli dalla cassazione con rinvio, può prendere in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti, senza violare il divieto di esame di punti non prospettati o prospettabili dalle parti fino a quel momento, soltanto a condizione che si tratti di fatti dei quali, per essere avvenuta la loro verificazione dopo quel momento, non era stata possibile l'allegazione, con l'eccezione che la nuova attività assertiva ed istruttoria non sia giustificata proprio dalle statuizioni della Corte di cassazione in sede di rinvio. Ne consegue che, allorquando il giudice del rinvio sia chiamato a prendere in considerazione un fatto che si assuma integrare da una parte una pretesa cessazione della materia del contendere, intanto può esaminarlo in quanto si sia verificato successivamente all'udienza di discussione in cassazione, posto che, ove esso si fosse verificato prima, l'udienza stessa sarebbe stata il momento ultimo entro il quale sarebbe dovuta avvenirne l'allegazione. Pertanto, in questo caso, il fatto in questione resta non esaminabile ed allo stesso modo restano inesaminabili gli eventuali documenti con i quali si voglia farlo constare.

(massima n. 2)

Allorquando venga disposta la cassazione con rinvio della pronuncia con cui in grado di appello sia stato erroneamente dichiarato inammissibile l'appello avverso un'ordinanza di convalida di licenza o sfratto per finita locazione, pronunciata irritualmente nonostante l'opposizione dell'intimato e come tale impugnabile con l'appello, il giudice di rinvio, al quale sia prospettato dal locatore l'avvenuto rilascio dell'immobile locato (in forza di esecuzione dell'ordinanza di convalida irrituale) già al momento dell'udienza di discussione avanti alla S.C., non può, nella contestazione del conduttore, decidere il giudizio di rinvio con una pronuncia dichiarativa della cessazione della materia del contendere, sia perché la circostanza di fatto che dovrebbe dimostrare tale cessazione non è deducibile nel giudizio di rinvio in quanto avrebbe dovuto dedursi avanti alla Corte di cassazione, sia perché la suddetta contestazione del conduttore esclude che ricorra un'effettiva cessazione della materia del contendere. Ne consegue che il giudice di rinvio deve procedere alla decisione sul merito della domanda di finita locazione, dando rilievo per il caso di sua ritenuta fondatezza, al rilascio dell'immobile, soltanto per escludere la sussistenza di un interesse ad una condanna al rilascio del medesimo.

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