Cassazione civile Sez. III sentenza n. 8326 del 3 maggio 2004

(2 massime)

(massima n. 1)

L'attività di specificazione o di interpretazione di una sentenza di cassazione non può essere oggetto né del procedimento di correzione di errore materiale, né di quello di revocazione a norma dell'art. 391 bis c.p.c. Ne consegue che, sotto entrambe le forme, va respinta la richiesta di specificazione del dispositivo di una sentenza di cassazione nel senso che il ritenuto assorbimento di un motivo di gravame equivalga ad accoglimento esplicito dello stesso: ciò, atteso che con la pronuncia di assorbimento la Corte si astiene dal giudizio di fondatezza o meno, reputandolo superfluo per effetto della decisione sulla precedente censura.

(massima n. 2)

Ai fini della sussistenza dell'interesse ad impugnare una sentenza con il mezzo della revocazione rileva una nozione sostanziale e materiale di soccombenza, che faccia riferimento non già alla divergenza tra le conclusioni rassegnate dalla parte e la pronuncia, ma agli effetti pregiudizievoli che dalla medesima derivino nei confronti della parte. (Nella specie, la S.C. in applicazione del principio soprariportato ha revocato la sentenza di cassazione impugnata, che aveva affermato che la sentenza di appello aveva ritenuto assorbita la questione attinente alla riconducibilità del contratto intercorso tra le parti ad affitto a coltivatore diretto, mentre essa era stata espressamente esclusa, in quanto l'errore di fatto avrebbe consentito l'eventuale riesame della questione in sede di giudizio di rinvio, con possibile pregiudizio per la parte riuscita vincitrice).

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