Cassazione civile Sez. III sentenza n. 2525 del 7 febbraio 2006

(2 massime)

(massima n. 1)

L'obbligo di risarcire il maggior danno, posto dall'art. 1591 c.c., a carico del conduttore in mora nella riconsegna della cosa locata, presuppone la specifica prova di una effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente nel non aver potuto utilizzare direttamente e tempestivamente il bene, nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo conveniente o in altre analoghe situazioni pregiudizievoli, la cui prova incombe al locatore, tenuto a dimostrare l'esistenza di ben determinate proposte di locazione o di acquisto e di concreti propositi di utilizzazione. Il canone convenuto costituisce, quindi, solo il parametro di riferimento per la quantificazione del danno minimo da risarcire, poiché, versando il relativo importo, il conduttore che continua ad occupare l'immobile dopo la cessazione del contratto non adempie all'obbligazione di «dare il corrispettivo nei termini convenuti» (ai sensi dell'art. 1587, n. 2, c.c.), bensì risarcisce un danno da mora, così adempiendo ad un'obbligazione risarcitoria che si sostituisce a quella contrattuale. Ne consegue che, venendosi in tema di risarcimento del danno, ed essendo il risarcimento correlato al danno effettivamente subito, l'importo dovuto dall'occupante, non più a titolo di canone, ma di risarcimento per la protratta occupazione, deve essere correlato al periodo di effettiva occupazione.

(massima n. 2)

La responsabilità precontrattuale è configurabile in tutti i casi in cui un soggetto abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui osservanza sono tenuti anche la P.A. e gli enti pubblici, nell'ambito del rispetto dei principi garantiti dall'art. 2043 c.c. . Pertanto, ai fini dell'affermazione di tale responsabilità, è sufficiente il comportamento non intenzionale o meramente colposo della parte che - senza giusto motivo - abbia interrotto le trattative eludendo cosa le aspettative della controparte, la quale, confidando nella conclusione del contratto, sia stata indotta a sostenere spese o abbia rinunciato ad occasioni più favorevoli. In caso di violazione della norma di cui all'art. 1337 c.c. il risarcimento del danno è limitato al c.d. «interesse negativo» con la conseguenza che esso è cumulabile con risarcimento del maggior danno previsto dall'art. 1591 c.c.

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