Cassazione civile Sez. III sentenza n. 978 del 10 febbraio 1990

(2 massime)

(massima n. 1)

La regola enunciata dall'art. 394, comma terzo, c.p.c., per cui le parti possono prendere nel giudizio di rinvio conclusioni nuove se ne sorge la necessità a seguito della sentenza di cassazione opera quante volte la sentenza della cassazione abbia diversamente definito il rapporto dedotto in giudizio od a questo sia stata data una diversa disciplina dallo jus superveniens, si da rendere necessario un nuovo sistema difensivo. Ne consegue che non sono invece proponibili per la prima volta in sede di rinvio eccezioni attinenti ai fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio, che avrebbero potuto in precedenza essere proposte e che non siano derivate, né rese necessarie per effetto dell'applicabile jus superveniens. (Nel caso, si verteva in tema di riscatto di fondi rustici e, in base al principio sopra enunciato, la corte ha ritenuto che il retrattato non potesse opporre in sede di rinvio la simulazione del contratto di affitto, dopo aver affidato la propria difesa all'eccezione di decadenza per tardivo pagamento del prezzo, rivelatasi infondata alla luce dello jus superveniens costituito dalla L. 8 gennaio 1979, n. 2).

(massima n. 2)

La parte, che, a seguito dell'accoglimento del proprio ricorso per cassazione, abbia riproposto in sede di rinvio le domande, difese ed eccezioni già fatte valere con l'atto d'appello, non ha anche l'onere di ripresentare le istanze istruttorie pure dedotte in appello a sostegno delle sue richieste di merito, dovendosi in tal caso considerare operante il principio, che per il giudizio di appello si desume dall'art. 346 c.p.c., secondo il quale l'onere di riproporre le domande ed eccezioni non accolte o non esaminate dal giudice di primo grado perché ritenute assorbite non riguarda anche le istanze istruttorie, giacché queste si intendono implicitamente richiamate con la riproposizione delle domande ed eccezioni a sostegno delle quali sono state formulate.

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