Cassazione civile Sez. Unite ordinanza n. 11519 del 11 maggio 2017

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di giurisdizione, come chiarito dalla Corte di giustizia, nella sentenza del 20 aprile 2016, in C-366/2013, l'inserimento di una clausola attributiva di giurisdizione in un prospetto di emissione di titoli obbligazionari può ritenersi una forma ammessa da un uso vigente nel commercio internazionale, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lett. c), del regolamento comunitario n. 44/2001 (oggi sostituito dall'art. 25 di quello n. 1215/2012), che permette di presumere il consenso di colui al quale è opposta, purché sia dimostrato e accertato dal giudice nazionale, da un lato, che ciò avvenga generalmente e regolarmente nel settore in esame al momento della conclusione di contratti di questo tipo e, dall'altro, che i contraenti intrattenevano, in precedenza, rapporti commerciali regolari tra di loro o con altre parti operanti nello stesso settore oppure, in alternativa, che ciò è sufficientemente noto per poter essere considerato come una prassi consolidata.

(massima n. 2)

In tema di giurisdizione, come chiarito dalla Corte di giustizia, nella sentenza del 20 aprile 2016, in C-366/2013, l'art. 6, n. 1, del regolamento comunitario n. 44/2001 (oggi sostituito dall'art. 8, n. 1, di quello n. 1215/2012) va interpretato restrittivamente, integrando una regola speciale in deroga a quella generale di cui al suo precedente art. 2, per cui non può essere esteso oltre le ipotesi previste. Ne consegue che una persona domiciliata in uno Stato membro non può essere evocata in giudizio in altro Stato membro, ove è domiciliato uno degli altri convenuti, qualora le domande abbiano oggetto e titolo diversi, siano tra loro compatibili, e non una subordinata all'altra, e non sussista il rischio di decisioni incompatibili, ma solo la possibilità di una divergenza nella loro soluzione o la potenziale idoneità dell'accoglimento di una di esse a riflettersi sull'entità dell'interesse sotteso all'altra. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha affermato la giurisdizione italiana rispetto alla domanda di responsabilità aquiliana ex art. 2497 c.c., ma l'ha esclusa relativamente alla domanda connessa di nullità del contratto e ripetizione del corrispettivo, non comportando l'incidenza della restituzione del prezzo sulla quantificazione del danno il rischio di decisioni inconciliabili).

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