Cassazione civile Sez. Lavoro ordinanza n. 26684 del 10 novembre 2017

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, l'elemento qualificante, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta vessatoria, va ricercato non nell'illegittimità dei singoli atti bensì nell'intento persecutorio che li unifica, sicché la legittimità dei provvedimenti può rilevare indirettamente perché, in difetto di elementi probatori di segno contrario, sintomatica dell'assenza dell'elemento soggettivo che deve sorreggere la condotta, unitariamente considerata; parimenti la conflittualità delle relazioni personali all'interno dell'ufficio, che impone al datore di lavoro di intervenire per ripristinare la serenità necessaria per il corretto espletamento delle prestazioni lavorative, può essere apprezzata dal giudice per escludere che i provvedimenti siano stati adottati al solo fine di mortificare la personalità e la dignità del lavoratore.

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