Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 10362 del 14 novembre 1997

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini dell'osservanza del principio della correlazione tra accusa e decisione, qualora il fatto risulti «diverso», nei suoi dati fondamentali, la formale modifica dell'imputazione e la relativa contestazione, previste dall'art. 516 c.p.p., non possono trovare equipollenti nell'avvenuta prospettazione degli elementi diversificanti da parte dello stesso imputato, a propria discolpa, e neppure nella c.d. «contestazione sostanziale» ricavabile dalle domande che il pubblico ministero ponga all'imputato nel corso dell'esame.

(massima n. 2)

Quando il fatto ritenuto in sentenza sia diverso da quello contestato sotto il profilo della materialità della condotta e della finalità dell'azione, sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza indipendentemente dal fatto che la sentenza abbia recepito la prospettazione dei fatti della difesa e che questa abbia perciò avuto modo di difendersi pienamente sul punto. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha ritenuto che vi fosse stata violazione del principio di correlazione in una ipotesi in cui l'imputato, curatore fallimentare, tratto a giudizio per il reato di abuso di ufficio a fini patrimoniali per essersi impossessato del corrispettivo dello sconto di titoli cambiari intestati alla società fallita, era stato poi condannato non per lo stesso reato, ma per aver posto all'incasso i medesimi titoli quali rappresentante legale della società finanziaria beneficiaria)

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