Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 440 del 30 marzo 1995

(4 massime)

(massima n. 1)

In materia di misure cautelari personali, è nulla, per mancanza di motivazione, l'ordinanza che, sulla richiesta dell'indagato di sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari presso la propria abitazione disponga gli arresti domiciliari presso un luogo pubblico di cura, senza indicare le ragioni di reiezione della richiesta della parte.

(massima n. 2)

In tema di arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.), il giudice deve motivare l'apposizione dei limiti e dei divieti imposti all'indagato e non può apporre limitazioni non consentite dall'art. 284 c.p.p. Se è vero, infatti, che le modalità esecutive degli arresti sono inoppugnabili, non possono tuttavia considerarsi modalità esecutive quelle che, incidendo sulla qualità della misura, la snaturano, rendendola diversa da quella disciplinata dal legislatore. Così, se certamente costituisce modalità esecutiva degli arresti domiciliari l'inibizione dell'uso del telefono, è illegittimo prescrivere all'indagato agli arresti domiciliari di rimanere ristretto in una determinata stanza dell'abitazione. Una prescrizione di tale genere, infatti, tramuta gli arresti domiciliari in una restrizione intramuraria, con snaturamento dell'istituto delineato dal legislatore, quale misura qualitativamente e quantitativamente diversa dalla custodia in carcere. Allo stesso modo, per gli arresti presso la casa di cura ex art. 284 c.p.p., non può essere consentito un regime che equipari la situazione dell'indagato al ricovero «in ospedali o luoghi esterni di cura», previsto dall'art. 11 ord. penit. per gli indagati sottoposti a custodia cautelare in carcere. Una drastica e generale limitazione della possibilità di ricevere visite degli stretti congiunti, non motivata da specifiche e puntuali esigenze processuali, finisce con l'equiparare le due situazioni, che non possono ritenersi differenti soltanto per la possibilità di previsione di piantonamento ex art. 11 cit., giacché anche il ricovero ivi previsto può prescindere dal piantonamento, quando non vi sia pericolo di fuga ... (e) salvo che non sia necessario per la tutela della ... incolumità personale dello stesso indagato ricoverato. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto dell'appello avverso provvedimento di sostituzione della misura di custodia in carcere con quella di arresto domiciliare in ospedale, con possibilità di incontro dell'indagato con il coniuge e il figlio limitata ad una volta al mese).

(massima n. 3)

In tema di arresti domiciliari in luogo pubblico di cura (art. 284 c.p.p.), nell'imposizione eventuale di limiti e divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che lo assistono, occorre considerare che il concetto di «assistenza» si correla anche al tipo e alla gravità della malattia. Compete al giudice di merito, da un lato, valutare, in concreto, se la partecipazione di uno stretto congiunto sia necessaria alla assistenza del degente (in particolare di quello in fase terminale), dall'altro, tenere conto delle esigenze di cautela processuale senza violare il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità. Questo principio, dettato dall'art. 27, comma 3, Cost. con riferimento alla pena, deve a maggior ragione ispirare la concreta disciplina delle misure cautelari, considerata la presunzione di non colpevolezza dell'imputato. Il divieto o la drastica limitazione dei contatti con gli stretti congiunti, con restrizioni analoghe alla disciplina dei colloqui negli istituti carcerari, senza l'esplicitazione della specifica necessità ravvisata nella specie e senza tener conto della fase e della gravità della malattia, viola l'art. 284 c.p.p.

(massima n. 4)

In tema di arresti domiciliari, il giudice non può imporre all'indagato limitazioni per «ragioni di sicurezza» connesse alla sottoposizione dello stesso alle prescrizioni di cui all'art. 41 bis ord. pen., durante la custodia cautelare in carcere, giacché le restrizioni da quell'articolo consentite sono eccezionali e limitate al regime carcerario, cessato il quale non possono residuarne effetti fuori dell'istituto carcerario. Eventuali disposizioni aggravatorie della «ordinaria» disciplina degli arresti e, in particolare, l'imposizione di limiti o divieti alla facoltà di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o lo assistono, può essere disposta soltanto «quando è necessario»: tale necessità deve essere collegata a motivate esigenze di cautela processuale. *

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