Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 9758 del 14 settembre 1998

(1 massima)

(massima n. 1)

Per la configurazione del reato di patrocinio infedele, di cui all'art. 380 c.p. — che è reato proprio, nel senso che soggetto attivo deve essere il «patrocinatore» — non è sufficiente che l'avvocato si renda genericamente infedele nell'adempimento dei doveri scaturenti dall'accettazione dell'incarico affidatogli, essendo necessaria, al contrario, quale elemento costitutivo del reato, la pendenza di un procedimento nell'ambito del quale deve realizzarsi la violazione degli obblighi assunti con il mandato: la valenza penale dell'attività del patrono deve ricondursi, infatti, al momento effettivo dell'esercizio della giurisdizione. Tuttavia, neppure è sufficiente che il comportamento produca esclusivamente la lesione dell'interesse concernente il normale funzionamento della giustizia, richiedendo anche la legge, ai fini della consumazione del reato, che sia arrecato un nocumento al soggetto privato. (Nella specie è stata esclusa la sussistenza del reato nel comportamento del patrocinatore il quale, assuntosi l'incarico di dare corso all'offerta di una somma per il rilascio di un terreno agricolo e, in caso di mancata accettazione, di intimare il precetto per l'esecuzione del rilascio, aveva omesso il compimento di tali atti — ritenuti dalla Corte entrambi extragiudiziali — assicurando, falsamente di avervi provveduto).

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