Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 7 del 17 maggio 1995

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai sensi degli art. 279 c.p.p. e 91 att. c.p.p., appartiene al giudice dell'udienza preliminare la competenza all'adozione dei provvedimenti relativi alle misure cautelari nel periodo compreso tra la pronuncia del decreto che dispone il giudizio e la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento. (Nell'affermare detto principio la Corte ha osservato che, dopo la presentazione della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero, il giudice dell'udienza preliminare è investito della cognizione dei procedimenti incidentali «de libertate» in quanto «giudice che procede», e che tale competenza permane, oltre la chiusura dell'udienza preliminare, fino a quando non sia venuta meno, da parte sua, la disponibilità giuridica e materiale degli atti a seguito della formazione e spedizione del fascicolo per il dibattimento a norma degli artt. 431 e 432 c.p.p.).

(massima n. 2)

Il commercio dell'osceno, se realizzato con particolari modalità di riservatezza e di cautela, idonee a prevenire la lesione reale o potenziale del pubblico pudore, non integra l'ipotesi delittuosa prevista dall'art. 528 c.p. (Nella specie la Corte ha rigettato il ricorso del P.M. avverso la sentenza assolutoria pronunciata nei confronti del titolare di un esercizio commerciale ove videocassette di contenuto pornografico venivano offerte in vendita in un locale attiguo al negozio, nel quale potevano accedere soltanto coloro che ne avessero fatto espressa richiesta e che avessero raggiunto la maggiore età; nell'affermare il principio di cui sopra, le Sezioni Unite hanno precisato che l'osceno, in sè e per sè, è irrilevante agli effetti della legge penale e che ciò che delimita il lecito dall'illecito è la sola possibilità di una sua diffusa percepibilità, configurandosi la «pubblicità», intesa come idoneità dell'osceno ad essere percepito da un numero indeterminato di persone, prima ancora che come elemento costitutivo della fattispecie penale, quale presupposto della stessa tutela del pudore).

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