Cassazione penale Sez. I sentenza n. 4831 del 28 aprile 1994

(3 massime)

(massima n. 1)

Chi riferisca notizie in merito ad indagini giudiziarie sul conto di altro soggetto, apprese durante rapporti sessuali con una funzionaria della procura della Repubblica, risponde di concorso nel reato di cui all'art. 326 c.p., sussistendo un contributo causale dato dal privato alla divulgazione del segreto di ufficio, nella forma della istigazione o della determinazione.

(massima n. 2)

Poiché, a norma dell'art. 267, comma 3, c.p.p., il decreto del P.M., che dispone la intercettazione deve indicare le modalità e la durata delle operazioni, con il termine modalità il legislatore non ha inteso riferirsi alle operazioni tecnico manuali ma alla scelta del tipo tra quelli previsti dalla norma regolatrice, alla individuazione del soggetto passivo e dell'ambiente ove il procedimento dovrà svolgersi.

(massima n. 3)

Qualora, a seguito di intercettazione di comunicazioni tra presenti venga disposta perizia con cui siano state trascritte le comunicazioni intercettate e registrate e qualora il perito sia stato nella disponibilità dei brogliacci delle intercettazioni redatti dalla polizia giudiziaria ex art. 268 c.p.p., che non avrebbero dovuto essere allegati al fascicolo dibattimentale, è da escludere, in mancanza di previsione normativa, l'inutilizzabilità della detta perizia ovvero l'irritualità della stessa, se da nessun elemento del processo è dato dedurre che il perito sia stato fuorviato dalla conoscenza dei brogliacci.

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