Cassazione civile Sez. II sentenza n. 1799 del 18 febbraio 1995

(2 massime)

(massima n. 1)

Il potere di emettere una decisione secondo equità, previsto dall'art. 114 c.p.c., si distingue dal potere di liquidare il danno in via equitativa a norma dell'art. 1226 c.c., in quanto mentre il primo presuppone l'istanza delle parti ed importa la decisione della lite prescindendo dallo stretto diritto, il secondo autorizza, invece, il ricorso — anche d'ufficio — a criteri equitativi per supplire all'impossibilità della prova del danno risarcibile nel suo preciso ammontare.

(massima n. 2)

Il potere, riconosciuto dalla legge al giudice, di liquidare il danno con valutazione equitativa non esonera la parte istante dall'onere di fornire gli elementi probatori ed i dati di fatto in suo possesso, al fine della precisa determinazione del danno, che può essere conseguita con tutti i mezzi ammessi dall'ordinamento giuridico. Tale potere del giudice è subordinato alla condizione imprescindibile che sia impossibile provare il danno nel suo preciso ammontare e pertanto non può essere esercitato quando tale impossibilità sia esclusa dallo stesso danneggiato, il quale abbia chiesto l'ammissione di prove aventi ad oggetto proprio la precisa determinazione del danno, oppure (nell'ipotesi particolare di risarcimento connesso alla mancata disponibilità di un immobile) quando sia possibile far riferimento ai dati del mercato immobiliare, opportunamente portati a conoscenza del giudice.

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