Cassazione penale Sez. V sentenza n. 43076 del 21 novembre 2007

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di reati fallimentari, posto che la sentenza dichiarativa di fallimento non fa stato nel processo penale, per cui spetta al giudice penale il potere - dovere di verificare autonomamente, tra l'altro, se l'imputato possa o meno essere considerato piccolo imprenditore, non soggetto, come tale, a fallimento, ed avuto altresģ riguardo al fatto che la dichiarazione di fallimento rappresenta un elemento costitutivo del reato di bancarotta, per cui le modifiche normative incidenti sui relativi presupposti assumono rilevanza ai fini dell'applicabilitą della disciplina dettata dall'art. 2 c.p. in materia di successione di leggi penali nel tempo, deve ritenersi che, anche nel caso in cui la suddetta qualitą di piccolo imprenditore sia stata esclusa dal tribunale fallimentare, in applicazione della disciplina transitoria dettata dall'art. 150 D.L.vo 9 gennaio 2006 n. 5, sulla base della originaria formulazione dell'art. 1 R.D. 16 marzo 1942 n. 267, il giudice penale debba ciononostante far riferimento, invece, alla nuova e pił favorevole formulazione di tale norma, introdotta dall'art. 1 del cit. D.L.vo n. 5 del 2006 ed escludere, quindi, la configurabilitą del reato ove, secondo tale formulazione, la qualitą di piccolo imprenditore debba essere riconosciuta.

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