Cassazione civile Sez. III sentenza n. 6262 del 2 maggio 2002

(1 massima)

(massima n. 1)

La pronuncia di fallimento non produce effetti interruttivi automatici sui processi in corso in cui sia parte il fallito, perchč la perdita della capacitā processuale che ne consegue non si sottrae alla regola, dettata a tal fine dall'art. 300 c.p.c., della necessitā della dichiarazione in giudizio dell'evento, in difetto della quale il processo prosegue tra le parti originarie, e l'eventuale sentenza resa nei confronti del fallito č soltanto inopponibile alla massa dei creditori, rispetto ai quali il giudizio in tal modo proseguito costituisce res inter alios acta. Tale dichiarazione dell'evento interruttivo ad opera del procuratore della parte costituita, benché strutturata come dichiarazione di scienza, riveste carattere strettamente negoziale, e postula pertanto, quoad effectum, l'esistenza di una rituale volontā del dichiarante di provocare l'interruzione del processo, non ravvisabile nella mera produzione della sentenza di fallimento.

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