Cassazione penale Sez. I sentenza n. 3209 del 18 marzo 1992

(1 massima)

(massima n. 1)

La confessione può essere posta a base del giudizio di colpevolezza dell'imputato nelle ipotesi nelle quali il giudice ne abbia favorevolmente apprezzato la veridicità, la genuinità e l'attendibilità, fornendo ragione dei motivi per i quali debba respingersi ogni sospetto di intendimento autocalunniatorio o di intervenuta costrizione sul soggetto. Quando tale indagine, ovviamente estesa al controllo su tutte le emergenze processuali, nel caso di intervenuta ritrattazione, non conduca a smentire le originarie ammissioni di colpevolezza, dovrà allora innegabilmente riconoscersi alla confessione il valore probatorio idoneo alla formazione del convincimento della responsabilità dell'imputato. (Fattispecie in cui l'imputato, tratto a giudizio direttissimo dopo aver reso confessione del delitto di omicidio alla P.G., al P.M. ed al Gip, aveva ritrattato in dibattimento le precedenti dichiarazioni).

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