Cassazione penale Sez. III sentenza n. 4115 del 10 gennaio 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

Il vizio logico della motivazione, nelle sue varie concrete espressioni - contraddittorietą, illogicitą, omessa considerazione di circostanze decisive e, pur anche, travisamento di fatto - deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilitą di ricorrere al controllo delle risultanze processuali. In tal senso non vi č pił spazio, nel nuovo codice di rito, per quell'operazione interpretativa, che, sotto l'egida delle precedenti norme regolatrici del processo penale, aveva reso possibile di scivolare dalla contraddittorietą, intesa come contrasto analitico tra varie proposizioni alla illogicitą, concepita come contrasto tra le argomentazioni del contesto motivazionale e la realtą processuale, od, addirittura, la comune esperienza, od il comune modo di «sentire» un fatto. I due unici vizi di legittimitą inerenti alla motivazione dei provvedimenti di merito, sono ora la mancanza - che vuol dire difetto assoluto - di argomentazioni su uno qualsiasi dei momenti applicativi della decisione e la illiceitą evidente, risultante dallo stesso testo della motivazione.

(massima n. 2)

Nel nuovo ordinamento processuale, l'indagine di legittimitą sulla struttura razionale della motivazione e, cioč, sul modo di costruire il discorso giustificativo della decisione, deve essere orientata entro un orizzonte circoscritto. Il sindacato demandato alla Corte di cassazione, infatti, per espressa disposizione normativa, deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito, per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

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