Cassazione penale Sez. IV sentenza n. 2038 del 2 settembre 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

Il tribunale in sede di appello ex art. 310 c.p.p., a differenza di quello del riesame, per il quale si prescinde dal principio di stretta devoluzione, ha cognizione circoscritta ai punti della decisione che hanno formato oggetto di censura, secondo la norma generale di cui all'art. 597, comma primo, c.p.p. L'appello ex art. 310 c.p.p., infatti, implica il cosiddetto giudicato cautelare, e cioè una situazione immutabile rebus sic stantibus, sicché le parti hanno un onere di doglianza specifica cui fa riscontro un obbligo specifico di decisione, con conseguente impossibilità di andare ultra petita, al di fuori dell'ambito devoluto.

(massima n. 2)

Qualora la Corte di cassazione, su ricorso dell'imputato, annulli con rinvio la decisione emessa dal tribunale in sede di appello ex art. 310 c.p.p. in ordine a rigetto di istanza di revoca di custodia cautelare in carcere, non è consentito al giudice di rinvio, in base al principio di devoluzione precisato dall'art. 627 c.p.p., confermare la misura per ragioni diverse da quelle poste a base dell'annullamento né introdurre una tematica del tutto esclusa dal contraddittorio, vale a dire un'esigenza cautelare non considerata nella stessa ordinanza applicativa della misura, circa la quale si è formato il cosiddetto giudicato cautelare, in sede di rinvio su punti specifici.

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