Cassazione civile Sez. I sentenza n. 16755 del 4 luglio 2013

(2 massime)

(massima n. 1)

Gli arbitri autorizzati a pronunciare secondo equità sono svincolati, nella formazione del loro convincimento, dalla rigorosa osservanza delle regole del diritto oggettivo, avendo facoltà di utilizzare criteri, principi e valutazioni di prudenza e opportunità che appaiano i più adatti ed equi, secondo la loro coscienza, per la risoluzione del caso concreto, restando così preclusa, ai sensi dell'art. 829, comma secondo, ultima parte, c.p.c., l'impugnazione per nullità del lodo di equità per violazione delle norme di diritto sostanziale, o, in generale, per "errores in iudicando", che non si traducano nell'inosservanza di norme fondamentali e cogenti di ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali e perciò non derogabili dalla volontà delle parti, né suscettibili di formare oggetto di compromesso.

(massima n. 2)

In tema di impugnazione di lodo arbitrale, l'art. 829, n. 5, c.p.c. richiama l'art. 823, n. 5, dello stesso codice, il quale, nel disporre che il lodo deve contenere l'esposizione sommaria dei motivi, non distingue tra lodo pronunciato secondo diritto e quello pronunciato secondo equità; ne consegue che anche quest'ultimo può essere impugnato per la mancata esposizione sommaria dei motivi, ossia per totale carenza di motivazione o per una motivazione che non consenta di comprendere la "ratio" della decisione e di apprezzare se l'iter logico seguito dagli arbitri, per addivenire alla soluzione adottata, sia percepibile e coerente.

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