Cassazione civile Sez. VI-lav. sentenza n. 12526 del 4 giugno 2014

(1 massima)

(massima n. 1)

L'ordinaria diligenza, alla quale il notificante è tenuto a conformare la propria condotta, per vincere l'ignoranza in cui versi circa la residenza, il domicilio o la dimora del notificando, al fine del legittimo ricorso alle modalità di notificazione previste dall'art 143 cod. proc. civ., va valutata in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell'art 1147 cod. civ. e non può tradursi nel dovere di compiere ogni indagine che possa in astratto dimostrarsi idonea all'acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell'art. 139 cod. proc. civ., anche sopportando spese non lievi ed attese di non breve durata. Ne consegue l'adeguatezza delle ricerche svolte in quelle direzioni (uffici anagrafici, portiere della casa in cui il notificando risulti aver avuto la sua ultima residenza conosciuta) in cui é ragionevole ritenere, secondo una presunzione fondata sulle ordinarie manifestazioni della cura che ciascuno ha dei propri affari ed interessi, siano reperibili informazioni lasciate dallo stesso soggetto interessato, per consentire ai terzi di conoscere l'attuale suo domicilio (residenza o dimora). (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto legittima la notificazione effettuata ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ. ad un destinatario che, in ragione di quanto attestato dall'ufficiale giudiziario per averlo appreso dal portiere in sede di infruttuosa notifica presso la residenza anagrafica, risultava aver abbandonato l'abitazione per un domicilio ignoto).

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