Cassazione civile Sez. II sentenza n. 1528 del 21 febbraio 1985

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della determinazione dei frutti che uno dei condividenti deve corrispondere in relazione alla detenzione di un immobile oggetto di divisione giudiziale occorre far riferimento ai frutti civili, i quali si identificano nel corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri ma non agli utili ricavati dall'esercizio nell'immobile di un'impresa commerciale, in quanto questi non rientrano tra i detti frutti, ma costituiscono i proventi dell'impresa, cioè il prodotto che il detentore consegue impiegando la sua complessiva organizzazione aziendale.

(massima n. 2)

L'assegnazione degli immobili non comodamente divisibili con deroga dei normali sistemi, rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, come risulta dall'art. 720 c.c. il quale, nello stabilire che gli immobili debbono essere compresi, per intero con addebito dell'eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore (da determinare tenendo anche conto dei rapporti di debito e di credito tra i condividenti), non pone una disciplina inderogabile, ma afferma che ciò deve avere luogo preferibilmente, con la conseguenza che il giudice può assegnare il bene al titolare della quota minore, purché indichi le ragioni idonee a escludere l'automatica applicazione del criterio della maggior quota. Tuttavia, i motivi che possono indurre all'assegnazione del bene al condividente titolare della quota minore, devono riguardare l'interesse comune delle parti e non possono, quindi, essere determinati da ragioni estranee a tale interesse.

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